Fa freddo a Chivay. Sono le sei e il sole sembra non
volersi alzare oltre le cime in questa cittadina incassata tra le cime da 6000 metri e il canyon
più profondo del mondo. Ma già dopo un’ora i turisti sciamano per le vie
del centro in cerca di colazioni americane o inutili souvenir. Davanti
alla chiesa principale un gruppo di bambini ballano le danze
tradizionali. Yachi, quattro anni e un viso bruciato dal sole, esce dal
gruppo e si avvicina:”Ho freddo ai piedi, mamma”.
Indossa il costumino tradizionale delle cerimonie e un paio
di sandali.
La madre e’ una giovane donna vestita a festa con un falcone
in braccio pronta per la foto di rito.
“Vai a ballare” – risponde.
La guardo incuriosito e lei si giustifica:”In sei mesi il
piede le è cresciuto di due misure. Le scarpe non le entrano più. Se i turisti
saranno generosi, all’inizio dell’autunno ne compreremo un paio nuove”.
“Niente scuola per i bambini?”
“Oh si – risponde – imparerà a leggere e scrivere il suo
nome. Poi a lavoro.
Non ci possiamo permettere di più”.
I bambini continuano le loro danze e mostrano i sorrisi,
come clown esperti davanti a un pubblico indifferente.
Fa freddo a Chivay.
E intanto, nei campi, gli uomini e i buoi tirano l’aratro.
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