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martedì 6 maggio 2014

Il deserto di Atacama


«Ciò che rende bello il deserto, disse il piccolo principe,
è che da qualche parte nasconde un pozzo».

(Antoine de Saint-Exupéry, “Il piccolo principe”)

Foto PdJ


Antofagasta. Cile del Nord. Alla fine nel deserto di Atacama sono spuntate le rose. Fiori e prati della cultura dunque invece che sabbia e rocce. A settecento chilometri dalla capitale cilena, dove, insieme ai numerosi autori cileni e latinoamericani si è cercato di approfondire un’idea di cultura. E’ stata, per me, l’occasione per raccontare di un’ Italia che esce “dal ventennio” in cui è stato (ed è ancora) possibile comprare ogni cosa. Dalle baby prostitute ai rappresentanti del popolo eletti in parlamento. Tutto si può comprare meno che la cultura. Cosa astratta eppure così preziosa che ha de sempre distinto il nostro paese. E’ stata l’occasione per raccontare e farsi raccontare quali sono le strade della narrazione da persone come Gioconda Belli, Leonardo Padura e Antonio Skàrmeta famosi anche qui in Italia o da altri invitati come Zurita, il poeta della memoria, un gigante nel suo paese o Hernan Letelier, minatore dalla minore età, scrittore della fatica. E’ stata un’opportunità irripetibile. Conoscere i passaggi, mentali e non, che hanno percorso i “colleghi” latinoamericani, le tappe della loro evoluzione culturale e politica. Per due settimane Gli incontri si sono susseguiti seguendo i percorsi delle storie, come l’acqua che sgorga in superficie dal fondo del pozzo che dà speranze al viaggiatore assetato, lasciando crescere il verde delle idee che ha sostituito l’aridità delle sabbie. Ora, dopo aver aver oltrepassato questa spaventosa ed esaltante infinità del deserto dell’Atacama, non rimane che tornare al lavoro, certo di avvistare quanto prima l’oasi.

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