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venerdì 7 settembre 2012

“Addio banca e stipendio fisso”. Cambia vita e diventa scrittore


Alcuni settimane fa sono stato contattato dalla redazione di Affari Italiani per parlare di come si possa abbandonare un posto sicuro per la precarietà della letteratura, e passare da “figlio d’arte, all’arte”.
Affari Italiani è tra i giornale online più letti. L’intervista ha suscitato un acceso dibattito, in un momento difficile per il nostro paese, soprattutto sul tema del lavoro. Peccato che nel finale dell’intervista le mie parole siano state trascritte dalla giornalista con un refuso:  “Feraci personalità politiche latino americane” è stato sostituito infatti in “feroci dittatori”, una frase che non avrei mai potuto dire. Chi mi conosce sa come la penso a proposito di Cuba e della Revolucion. La saga dei Gutierrez (in quattro volumi), iniziata con il romanzo “Tabacco” (ed. Chinaski) e che prosegue con “Luna nuova”, in uscita fra qualche mese, è un chiaro segno del mio pensiero. L’errore, chissà se voluto, sembra un’entrata a gamba tesa su un tema – la Revolucion di Castro – che ancora agita le coscienze di un certo pensiero unico occidentale e soprattutto i cuori di chi pensa che una altro mondo è possibile.

Hasta siempre!


Roberto Fraschetti, quarantenne romano, destinato a una solida carriera negli uffici di un istituto bancario. Lascia il posto di lavoro - e uno stipendio sicuro - per dedicarsi alla scrittura. Una decisione che definire anticonformista è riduttivo. Un romanzo nella penna, e nessuna voglia di aspettare il fischio dell'orologio per uscire dall'ufficio e correre a casa a parlare con i propri personaggi. Dopo due anni di manoscritti rifiutati, ha fatto centro con un romanzo di ispirazione sudamericana pubblicato da Chinasky Editore. Ha accettato di raccontare la sua avventura ad affaritaliani.it

Lei è una persona controcorrente, decisamente. La ricerca del posto fisso è l'ossessione della maggior parte degli italiani, soprattutto in questi tempi di crisi economica. Invece cinque anni fa ne ha rifiutato uno (in banca addirittura!), per dedicarsi completamente "all'arte". Ci racconta la vicenda dall'inizio?

“La storia è cominciata venticinque anni fa con la morte di mio padre, sono "figlio d'arte". Anche lui bancario, anche lui cassiere. Ma il lavoro te lo devi sentire addosso per dare ogni giorno il meglio. E in banca non c'è posto per la creatività. Era palese la mia incompatibilità con quel mondo e così appena avuta l'occasione, ho preso il coraggio a due mani e ho cambiato vita”.

Quando ha cominciato a scrivere? Mentre era allo sportello dell'istituto, tra una cambiale e un assegno da protestare?

“Sì, il bisogno di evadere dalla routine. Poi un viaggio, un concorso letterario e la pubblicazione del primo libro. Per essere precisi era il 2000. Scrivevo mentre ero al lavoro per fuggire dalla monotonia. Ma in realtà è stato dopo un viaggio in Giordania che ho preso coscienza del desiderio di mollare tutto e iniziare una nuova vita”.
E per arrivare alla forma narrativa del romanzo? Ha frequentato qualche scuola di scrittura creativa?
“La scuola di scrittura creativa diventa quasi un'esigenza, per problemi di linguaggi, di confronti e di stimoli. Comunque, più o meno è stato questo il percorso. Prima la banca e il sogno della scrittura, poi ho "mollato" e mi sono dedicato a tempo pieno alla narrativa, legando però i miei racconti ai posti che visito e che lasciano in me sensazioni profonde”.

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Quindi ha cominciato a spedire manoscritti alle case editrici?

“Lavoro improbabile per un esordiente. Le case editrici non fanno scouting e preferiscono acquistare i diritti all'estero di autori affermati. Vanno sul sicuro, pagano solo i diritti e la narrativa italiana lentamente muore. Per un esordiente è difficile emergere o quantomeno pubblicare senza contributo. Ho subito numerosi tentativi di "ricatto" da parte di case editrici a pagamento, ma ho sempre resistito”.

All'inizio il suo motore deve necessariamente aver girato a vuoto. Passare da un lavoro noioso e ripetitivo alla totale libertà dello scrittore. Stiamo parlando proprio di organizzazione, tempi di lavoro, ritmi...

“In principio è stato un senso di libertà sconfinato. E il tempo a disposizione come burro, morbido, da tagliare per contare i secondi. Si rischia di sprecarlo il tempo e allora quello è il momento dell'autodisciplina. Regole certe. Per la scrittura, per lo svago. Altrimenti la vita diventa anarchia allo stato puro e si rischia di sprecare il tempo e di non costruire”.

Dopo un paio di volumi "sperimentali", arriva il "ciclo sudamericano": una saga di cui lei ha scritto il primo (Tabacco, Chinasky Editore) e il quarto della serie... Ci spiega questo insolito modo di procedere?

“Dopo una lunga permanenza a Cuba nel 2011, ho raccolto tutto il materiale e ho scritto "Tabacco" senza esitazioni. Un combattivo editore indipendente di Genova ha raccolto la sfida e l'ha messo in catalogo. Per me è stato il primo editore vero. "Tabacco" è ambientato nel 1830, il protagonista ha nome "Universo". E' un viaggio nell'anima e verso un nuovo mondo. E' il primo volume di una saga di cui, per motivi di "ispirazione", ho scritto il quarto e appena fatto la scaletta del secondo. Con l'ultimo la storia arriva ai giorni nostri, il protagonista è Fidel Castro. Per questi inediti attendo una proposta editoriale, tenendo d'occhio Castro e l'isola. E' l'ultimo dei feroci dittatori del ventesimo secolo ancora in vita. Vediamo se qualche editore italiano è curioso da volerlo almeno leggere. Gli editor di lingua spagnola, attenti e lungimiranti, si sono già fatti avanti”.


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