Buenos Aires a Ostia.
Un brano per accogliere il poeta argentino Hector Celano (qui insieme ai
musicisti Buffa, Barducci e Pendenza)
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Buenos Aires.
Cinque continenti in una città. Miscuglio di lingue e colori
e il convivere di tante atmosfere diverse tra loro che si sovrappongono e si
rincorrono, fagocitando edifici e mode urbanistiche: così, case
coloniali convivono accanto a chiese in stile italiano, viali
madrileni con quartieri parigini, prati all’inglese con minareti
e grattacieli newyorchesi. Mazzo di carte appena mischiate. Pronte per
essere servite.
Suoni di tango nelle strade e milonghe negli scantinati.
Malinconia e sensualità del ballo che illumina la vita. Brilla la stella di
Evita, risplende quella del Pibe.
Buenos Aires. La città che vide i militari rastrellare
tutte le sere decine di giovani universitari, sindacalisti, impiegati, operai.
Qualche mese nei campi di tortura e poi lanciati vivi nel Rio de la Plata con i voli della
morte. All'appello ne mancheranno trentamila. Una ferita aperta che non
si chiuderà mai.
È giovedì e non ho voglia di perdere l'appuntamento in Plaza
de Mayo con le madri e le mogli di questi desaparecidos.
Ho voglia di andare, di vedere, di sentire e di mischiarmi.
Sono passati ormai tanti anni dalla fine della dittatura, ma loro, le donne,
con i fazzolettoni bianchi non vogliono dimenticare.
Il mondo nella sua forsennata corsa forse riesce a lasciare
da parte questi problemi, a chiudere gli occhi, ma loro no, non possono e non
vogliono cancellare il ricordo dei loro mariti e figli scomparsi. La grande
piazza è affollata e per terra sono disegnate le sagome dei corpi che
rappresentano l'umanità sequestrata dal regime e mai più tornata. Una tragedia
che segna la storia della città, un senso di colpa collettivo che non accenna a
diminuire grazie anche alla capacità di queste donne che hanno saputo
trasformare il loro dolore in lotta. Oggi sono qui e ho voglia di gridare. Per
dirvi che siamo tanti, per incitarvi a non mollare. Poi sarà di nuovo viaggio.
Chilometri, orizzonti. Negli occhi la vostra forza. Il vostro esempio.
Nell’aria le vostre domande che attendono. Le vostre voci che chiamano.
Lontano e al sicuro, l’omertà e la vigliaccheria di chi
risponde con il silenzio.
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