TODO CAMBIA ...

sabato 23 novembre 2013

Buenos Aires al Figoli Bistrot

Buenos Aires a Ostia.
Un brano per accogliere il poeta argentino Hector Celano (qui insieme ai musicisti Buffa, Barducci e Pendenza)


Buenos Aires.
Cinque continenti in una città. Miscuglio di lingue e colori e il convivere di tante atmosfere diverse tra loro che si sovrappongono e si rincorrono, fagocitando edifici e mode urbanistiche: così, case coloniali convivono accanto a chiese in stile italiano, viali madrileni con quartieri parigini, prati all’inglese con minareti e grattacieli newyorchesi. Mazzo di carte appena mischiate. Pronte per essere servite.
Suoni di tango nelle strade e milonghe negli scantinati. Malinconia e sensualità del ballo che illumina la vita. Brilla la stella di Evita, risplende quella del Pibe.
Buenos Aires. La città che vide i militari rastrellare tutte le sere decine di giovani universitari, sindacalisti, impiegati, operai. Qualche mese nei campi di tortura e poi lanciati vivi nel Rio de la Plata con i voli della morte. All'appello ne man­cheranno trentamila. Una ferita aperta che non si chiuderà mai. 
È giovedì e non ho voglia di perdere l'appuntamento in Plaza de Mayo con le madri e le mogli di questi desaparecidos.
Ho voglia di andare, di vedere, di sentire e di mischiarmi. Sono passati ormai tanti anni dalla fine della dit­tatura, ma loro, le donne, con i fazzolettoni bianchi non vo­gliono dimenticare.
Il mondo nella sua forsennata corsa forse riesce a lasciare da parte questi problemi, a chiudere gli occhi, ma loro no, non possono e non vogliono cancellare il ricordo dei loro mariti e figli scomparsi. La grande piazza è affollata e per terra sono di­segnate le sagome dei corpi che rappresentano l'umanità sequestrata dal regime e mai più tornata. Una trage­dia che segna la storia della città, un senso di colpa collettivo che non accenna a diminuire grazie anche alla capacità di que­ste donne che hanno saputo trasformare il loro dolore in lotta. Oggi sono qui e ho voglia di gridare. Per dirvi che siamo tanti, per in­citarvi a non mollare. Poi sarà di nuovo viaggio. Chilometri, orizzonti. Negli occhi la vostra forza. Il vostro esempio. Nell’aria le vostre domande che attendono. Le vostre voci che chiamano.
Lontano e al sicuro, l’omertà e la vigliaccheria di chi risponde con il silenzio.


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