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domenica 8 marzo 2015

Luna Nuova - Capitolo primo


Il porto de l'Avana 

L’Avana  - Ottobre 1868

La zona del porto fino al quartiere di Atares non aveva niente d'invitante a prima vista. Tranne per chi volesse ricercare svaghi, dare spazio ai vizi, spendere per una notte la paga di una settimana, bere fino allo stordimento. E l’atmosfera di colpo appariva diversa e anziché essere ostile, sembrava accogliente, quasi fraterna. Il porto era un vasto bacino dove ognuno faceva il suo lavoro, sotto la calura asfissiante o nella luce nebbiosa dei lampioni. Facchini e marinai dalle dimensioni di bestioni di tutti i colori e tutte le razze, angoli appartati trasformati in pisciatoi all'aperto dall'aria fetida, pomodori rossi ammassati vicino a cesti di crisantemi, ragazze che ciondolavano e al loro fianco bambine che assomigliano alle loro madri, frutta fresca, mucchi di cassette sul selciato umido, uomini d’affari che gustavano riso e fagioli neri, l’odore delle zuppe di cipolle o del pesce in umido, i bicchierini di rum, sigari offerti a prezzi stracciati, macellai dalla voce possente, con i camici lisi macchiati di sangue che si accanivano sui grandi capi appesi ai ganci, con gli occhi sbarrati e la lingua immobile fra i denti. Il porto, il suo odore, quello della città, dei Caraibi, ricordava quello di una gigantesca orgia, mischiato con l'odore delle primizie e con quello delle barche appena rientrate con il pesce ancora vivo e della carne invecchiata troppo presto per il caldo afoso, del vino, del sudore. Il porto, inondato della luce dell’aurora, aveva infine assunto un colore amico, blu come il mare profondo.
“Chi beve qui non affoga mai”

recitava una scritta all'entrata del bordello dal nome per niente originale... Muňecas, Bambole...










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