L’uniformato
lo incontriamo tutti i giorni. E’ uno che si è suicidato intellettualmente. Uniformato,
omologato, normalizzato. E’ uno che ti vive a fianco che nelle sere di mezza
stagione ti parla dei suoi sogni. Un tempo rivoluzionario o meglio idealista, ha
deciso di sotterrare i suoi valori, per obbedire alle mode e alle idee delle
classi imperanti, per il successo. Perché è evidente che per arrivare al
successo bisogna mantenere un profilo basso, vendersi al potente di turno, a quello arrivato. Eccola l’Italietta che tutte le
sere si siede davanti alla televisione e di nascosto invidia gli altrui sogni. I
sogni e le parole di chi non si arrende al marcio. Di chi procede con la schiena dritta. di chi, la Cultura non la svende al Padroncino.
Eccola l’Italietta che dopo
il Tg, nelle camere da letto ripete: “Perché io avrò successo se saprò collaborare, mostrarmi senza contestare” mentre in pubblico grida “Onestà, legalità,
giustizia”. Eccolo l’Uniformato citare le parole dei maestri e mai prendere
posizione. Perché il successo è anche questo. Questa specie di ameba che si
ciba delle lotte altrui. Eccolo l’Uniformato, frustrato uomo italico pronto dunque
ad accettare acriticamente tutto ciò che gli viene propinato. Soprusi, ruberie,
furbizie di chi esercita il Potere. Eccolo l'Omologato (e frustrante per chi
lo ascolta) che non si domanderà se è giusto o ingiusto. L’Omologato “deve”
essere uguale a tutti gli altri. Per raggiungere il successo, sia chiaro! Non si
preoccupa di cosa comporterà la sua apatia quale significato abbia una sua (non)
azione, l’importante è rimanere, presenziare, collaborare con chi conta. Unico obbligo: non esagerare. Per raggiungere il successo,
sia chiaro! Eccolo dunque pronunciare frasi ingenue e violente. “Tanto non
cambierà mai niente”. E anche se, girandosi tra le lenzuola, gli sorgesse
qualche dubbio, subito si insinuerà in lui la fobia di restare solo e non essere
accettato. La ribellione, la critica faticano sempre tanto ad affermarsi,
perché spesso le certezze creano sicurezza e non sono comprese o sono sentite
come minacciose. Eccolo allora all'opera, l’Omologato che quando incontra uno
diverso da lui, uno che vuole alzare la voce (grave colpa nella società
globalizzata), gli punta il dito contro e lo bolla, appunto, come “arrogante”,
percependolo come cattivo esempio che al successo non arriverà mai. Per essere omologati,
ci vuole coraggio! Per specchiarsi pure. Ma nei teatri e per le strade, nei libri e nella musica ormai si usa così. Per il successo si fa questo e questo
e altro sia chiaro!

Amen.
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