Il progetto nacque diverso
tempo fa ma si concretizzò in un teatro in un'atmosfera densa di emozioni. Quel
giorno, sullo schermo, si proiettava un'intervista al comandante eterno Ugo
Chavez. Ero arrivato tardi e avevo visto un posto riservato ma senza occupante,
bloccato da Roberto Pazmino che quando mi vide mi invitò a sedermi. Ascoltammo
l'intervista di Gianni Minà e subito dopo le parole dell'ambasciatore del
Venezuela. Alla fine, quando ci alzammo, dopo molti minuti di applausi,
domandai a Roberto: "Suoni sempre la chitarra?" Domanda insolita in
quel momento. Eravamo in piedi, tra la gente che sciamava per i corridoi
diventati all'improvviso troppo stretti per tutta quella emozione che il
Comandante Eterno aveva distribuito nell’aria con generosità.
Sorrise.
"Ma tu componi i testi?"
Sorrise e annuì.
"Ho in testa un'idea folle. Di quelle idee che quando partono pensi
che sono troppo folli per essere realizzate e per questo ci voglio provare".
Mi guardò. Forse pensando che era un pazzo a piede libero. In fondo ci
conoscevamo da poco tempo e l'incontro era stato più che casuale. Certo,
avevamo molte cose in comune. Gli ideali, l'America Latina, il senso di
giustizia sociale. E, aggiungo adesso, la voglia di sognare.
Comunque, in un angolo della platea in cui eravamo stati sospinti dalla
folla decisi di osare: "Senti sto cercando un musicista per fare alcune
canzoni a Tabacco, il primo volume della saga. Perché non ne parliamo?”
Lessi nei suoi occhi lo
stupore, la sorpresa di una proposta inaspettata e comunque gradita, sognata da
tempo, come mi raccontò in seguito. Disse subito di sì. Ci abbracciammo felici.
Racconto sempre questa piccola
storia di empatia e sogni, cresciuta tra le parole di un romanzo, i suoni di
sei corde e la voce profonda che la accompagna.
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