Nessuno avrebbe scommesso un
dollaro su quel centinaio di sognatori che il 26 luglio del 1953 assaltò la
seconda caserma del paese.
Nel marzo del 1952 con un
golpe Batista aveva accentrato tutto il potere politico su di sé. Castro organizzò,
con l'aiuto del fratello Raul, un gruppo di guerriglieri con il quale rovesciare
la dittatura tentare di sovvertire
il Governo.
La data scelta per l'attacco
fu domenica 26 luglio, approfittando delle celebrazioni carnevalesche. La
festa avrebbe infatti richiamato persone da ogni parte dell'isola, rendendo più
facile ai ribelli confondersi tra la folla. L'assalto ebbe inizio alle 5:15, quando i ribelli (dopo aver indossato uniformi per non destare sospetti) formarono una colonna di auto dirigendosi verso la caserma. L'aggressione fallì e, oltre ai ribelli
rimasti uccisi nel conflitto, molti altri furono catturati e successivamente
uccisi o torturati a morte. I metodi di tortura inflitti ai prigionieri furono
alquanto crudi; ad alcuni vennero cavati occhi e testicoli, mentre altri furono
frustati, picchiati e bruciati con sigarette.
Sessantuno furono alla fine le
persone uccise tramite le torture.
Fidel Castro, assieme ai pochi
ribelli sopravvissuti, si diede alla fuga sulla Sierra ma venne catturato
il 1º agosto. Nel processo che ne seguì, si difese per proprio conto: la sua
arringa difensiva prese il nome "La storia mi assolverà". Castro
trasformò la sua stessa tesi difensiva in un atto accusatorio verso il regime. Venne
condannato a 15 anni di reclusione presso l'Isola dei Pini ma in seguito, nel
1955 fu amnistiato.
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