Scrivere
un romanzo non significa solo avere l’idea, decidere la trama, mettersi seduto
a una scrivania davanti allo schermo e battere sui tasti. No. è molto altro. Scrivere
un romanzo significa vivere i personaggi, essere coinvolti come fossimo noi, i
personaggi. Immaginare le strade che percorrono, respirare odori e gli umori,
leggere gli occhi degli altri, lottare, sognare. Quando
ho messo il punto finale a “Il vento prima del vento”, chiudendo così la saga
dei Gutierrez, ho provato un senso di abbandono. Come se un gruppo di persone
care avesse intrapreso un viaggio per andare lontano. Invece i Gutierrez hanno
ancora tanto da dire perché hanno sempre lottato per rimettere le cose al loro
posto. Qui sul mio blog, le parole di uno dei personaggi.
La storia andava raccontata per fare
luce sulle gesta dei Gutierrez. Di sicuro per ricordare le vicende di un popolo
indomito e le rivoluzioni che avevano attraversato un secolo. Forse, valeva la
pena di servirsene per rimettere le cose al loro posto. Per ridare dignità a
quella parte di mondo che combatte in silenzio, che soffre, con la sola
compagnia della speranza di una vita differente. Aveva ragione Yara: la
rivoluzione era stata un vento capace di dare speranza. E loro, i Diaz
diventati Gutierrez, erano stati un vento prima del vento, capaci, ognuno nel
proprio tempo, di accendere le speranze per una moltitudine di persone.
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