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venerdì 18 gennaio 2019

Bayer, Chatwin e la Patagonia rebelde


A poco meno di un mese dalla scomparsa (24 dicembre 2018) di Osvaldo Bayer, intellettuale
argentino praticamente sconosciuto alle nostre latitudini, riporto le immaginarie parole del suo traduttore italiano Alberto Prunetti che ho trovato in fondo al libro Patagonia Rebelde (ed. Elèuthera) E’ un dialogo immaginario ma che rappresenta in toto il pensiero del grande intellettuale latinoamericano e la nostra idea turistica del Cono Sur.


POSTFAZIONE
Dialogo immaginario tra autore e traduttore (di Alberto Prunetti).
«Osvaldo, l'altro giorno pensavo al tuo libro, La Patagonia rebelde ... ». Bayer annuisce.
«Sono pazzesche queste storie patagoniche e mi sorprende che in Italia nessuno le conosca... ».
«Be', voi avete la vostra Patagonia, e noi la nostra. Voi quella dei viaggi dei turisti, e noi quella dei bandoleros e dei gauchos. Voi quella di Chatwin ... ».
« ... e voi quella di Bayer!» lo interrompe il traduttore.
Osvaldo, che non vede l'ora di parlare di Chatwin, sorride, poi si avvicina con l'aria di chi sta per rivelare un segreto.
«Sai, il libro di Chatwin sulla Patagonia [In Patagonia, 1911J è scritto per gli europei. Agli argentini non piace. Ma voglio dirti qualcosa di più. Ti racconterò dell 'antipatia reciproca che mi legava a Chatwin».
Osvaldo si avvicina ancora di più, poi inizia a parlare sottovoce, come per non farsi sentire.
«La prima volta che l'ho visto, mi ha ricordato una vecchia rap- presentazione di un ambasciatore di sua maestà britannica. Senza l'occhio bendato, però ... ».
Scoppiano entrambi a ridere.
«Stava di fronte a me. Proprio qui, nello studio. Dove sei seduto tu. Gli avevano fatto il mio nome. Gli avevano detto: 'Questo Bayer è un intellettuale del Terzo mondo, sa tutto sulla Patagonia'. Lui ha tempo per un viaggio, qualche settimana nel lontano sud. Sì, non è tanto, lo ammette, ma nel Primo mondo ti me is money. Chiede una bibliografia sul tema. Sì, libri, niente documenti. No, niente antropologia o etnologia. Preistoria?Yes. Leggende? Sì. Ecologia? No, no.
Viaggiatori, donne, indios, bandoleros? Excellent. Scioperi? Ah, scioperi ... Mah! ... Con anarchici? 'Oh, allora yes, fantastico!'. Misi tutti i libri in una valigia e gliela diedi. Ovviamente anche la mia Patagonia rebelde. Tre settimane dopo mi restituì tutto».
Il traduttore è incuriosito: «L'hai più riuisto?».
«Lo incontrai qualche anno dopo, quando ero già in esilio. Lui aveva fatto sul «Times» delle dichiarazioni su di me. Criticava la mia indagine dall'alto del suo scranno di intellettuale europeo. A Parigi lo incrociai. Gli dissi che aveva fatto un bel lavoro con il suo libro. Ma era un lavoro da cocinero. Ovvero aveva 'cucinato' il suo libro mettendo insieme gli ingredienti trovati nei libri degli altri. Niente di male, si fa spesso così. Ma non mi piaceva la sua arroganza. Questo non si può fare con tematiche europee, ma viene bene con gli argomenti dei paesi coloniali. Qui anche i lettori colonizzati sono orgogliosi del fatto che un europeo parli di loro. Allora gli jèci una proposta».
«Che proposta?».
«Gli dissi: 'Ascolta, hai guadagnato tanti quattrini con questo libro, scritto assemblando il faticoso lavoro di indagine di autori locali argentini, poveri e sconosciuti, che nella loro vita non hanno mai visto uno spicciolo per le loro fatiche. Perché non dai una parte dei soldi che ottieni dalle vendite alle biblioteche dei piccoli villaggi della Patagonia?'. Mi guardò con uno sguardo sovrano che tradiva compassione e disprezzo. Non si degnò di rispondermi, e non lo ri-
vidi mai più».
«Non hai neanche avuto uno scambio di lettere con lui? Magari per un chiarimento?».
«Be', diciamo che è tornato a scrivere su di me dopo la sua morte. Probabilmente aveva la coda di paglia!», risponde con un po' di malizia.
Adesso il traduttore non capisce. «Che vuoi dire?».
«Un giorno, dopo la sua morte, esce un altro libro. Un'antologia postuma intitolata Anatomia dell'irrequietezza [2002]. E lì trovo un capitolo contro di me e contro gli anarchici, come Soto, che avevano condotto gli scioperi della parte sindacalista del movimento di rivolta in Patagonia. Uomini che combatterono una lotta disperata a trentamila chilometri dal centro del mondo. Mi scuso con Chatwin: mi sono occupato di peones ubriachi e di profeti anarchici. Avrei dovuto occuparmi di latifondisti di sangue britannico dagli stivali lucidi e di militari dal frustino facile. Tranquillizzatevi, fan dei grandi scrittori di best-seller. Gli scrittori del Terzo mondo spesso finiscono male, e le loro ossa si mescolano alle ossa anonime dei refrattari patagonici, visitate solo da cani vagabondi e puma ribelli».
E allora Osvaldo scoppia di nuovo a ridere e versa altri due bicchieri di whiskey.






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