argentino praticamente sconosciuto alle nostre latitudini, riporto le immaginarie parole del suo traduttore italiano Alberto Prunetti che ho trovato in fondo al libro Patagonia Rebelde (ed. Elèuthera) E’ un dialogo immaginario ma che rappresenta in toto il pensiero del grande intellettuale latinoamericano e la nostra idea turistica del Cono Sur.
POSTFAZIONE
Dialogo immaginario tra autore e traduttore (di Alberto
Prunetti).
«Osvaldo, l'altro giorno pensavo al tuo libro, La
Patagonia rebelde ... ». Bayer annuisce.
«Sono pazzesche queste storie patagoniche e mi sorprende
che in Italia nessuno le conosca... ».
«Be', voi avete la vostra Patagonia, e noi la nostra. Voi
quella dei viaggi dei turisti, e noi quella dei bandoleros e dei gauchos. Voi quella
di Chatwin ... ».
« ... e voi quella di Bayer!» lo interrompe il traduttore.
Osvaldo, che non vede l'ora di parlare di Chatwin, sorride,
poi si avvicina con l'aria di chi sta per rivelare un segreto.
«Sai, il libro di Chatwin sulla Patagonia [In Patagonia, 1911J
è scritto per gli europei. Agli argentini non piace. Ma voglio dirti qualcosa
di più. Ti racconterò dell 'antipatia reciproca che mi legava a Chatwin».
Osvaldo si avvicina ancora di più, poi inizia a parlare
sottovoce, come per non farsi sentire.
«La prima volta che l'ho visto, mi ha ricordato una
vecchia rap- presentazione di un ambasciatore di sua maestà britannica. Senza l'occhio
bendato, però ... ».
Scoppiano entrambi a ridere.
«Stava di fronte a me. Proprio qui, nello studio. Dove
sei seduto tu. Gli avevano fatto il mio nome. Gli avevano detto: 'Questo Bayer è
un intellettuale del Terzo mondo, sa tutto sulla Patagonia'. Lui ha tempo per
un viaggio, qualche settimana nel lontano sud. Sì, non è tanto, lo ammette, ma
nel Primo mondo ti me is money. Chiede una bibliografia sul tema. Sì, libri,
niente documenti. No, niente antropologia o etnologia. Preistoria?Yes.
Leggende? Sì. Ecologia? No, no.
Viaggiatori, donne, indios, bandoleros? Excellent. Scioperi? Ah, scioperi ... Mah! ... Con anarchici? 'Oh, allora yes, fantastico!'. Misi tutti i libri in una valigia e gliela diedi. Ovviamente anche la mia Patagonia rebelde. Tre settimane dopo mi restituì tutto».
Viaggiatori, donne, indios, bandoleros? Excellent. Scioperi? Ah, scioperi ... Mah! ... Con anarchici? 'Oh, allora yes, fantastico!'. Misi tutti i libri in una valigia e gliela diedi. Ovviamente anche la mia Patagonia rebelde. Tre settimane dopo mi restituì tutto».
Il traduttore è incuriosito: «L'hai più riuisto?».
«Lo incontrai qualche anno dopo, quando ero già in
esilio. Lui aveva fatto sul «Times» delle dichiarazioni su di me. Criticava la
mia indagine dall'alto del suo scranno di intellettuale europeo. A Parigi lo
incrociai. Gli dissi che aveva fatto un bel lavoro con il suo libro. Ma era un
lavoro da cocinero. Ovvero aveva 'cucinato' il suo libro mettendo insieme gli
ingredienti trovati nei libri degli altri. Niente di male, si fa spesso così.
Ma non mi piaceva la sua arroganza. Questo non si può fare con tematiche
europee, ma viene bene con gli argomenti dei paesi coloniali. Qui anche i
lettori colonizzati sono orgogliosi del fatto che un europeo parli di loro.
Allora gli jèci una proposta».
«Che proposta?».
«Gli dissi: 'Ascolta, hai guadagnato tanti quattrini con
questo libro, scritto assemblando il faticoso lavoro di indagine di autori locali
argentini, poveri e sconosciuti, che nella loro vita non hanno mai visto uno
spicciolo per le loro fatiche. Perché non dai una parte dei soldi che ottieni dalle
vendite alle biblioteche dei piccoli villaggi della Patagonia?'. Mi guardò con
uno sguardo sovrano che tradiva compassione e disprezzo. Non si degnò di rispondermi,
e non lo ri-
vidi mai più».
vidi mai più».
«Non hai neanche avuto uno scambio di lettere con lui?
Magari per un chiarimento?».
«Be', diciamo che è tornato a scrivere su di me dopo la
sua morte. Probabilmente aveva la coda di paglia!», risponde con un po' di malizia.
Adesso il traduttore non capisce. «Che vuoi dire?».
«Un giorno, dopo la sua morte, esce un altro libro.
Un'antologia postuma intitolata Anatomia dell'irrequietezza [2002]. E lì trovo un
capitolo contro di me e contro gli anarchici, come Soto, che avevano condotto
gli scioperi della parte sindacalista del movimento di rivolta in Patagonia.
Uomini che combatterono una lotta disperata a trentamila chilometri dal centro
del mondo. Mi scuso con Chatwin: mi sono occupato di peones ubriachi e di profeti
anarchici. Avrei dovuto occuparmi di latifondisti di sangue britannico dagli
stivali lucidi e di militari dal frustino facile. Tranquillizzatevi, fan dei grandi
scrittori di best-seller. Gli scrittori del Terzo mondo spesso finiscono male,
e le loro ossa si mescolano alle ossa anonime dei refrattari patagonici,
visitate solo da cani vagabondi e puma ribelli».
E allora Osvaldo scoppia di nuovo a ridere e versa altri
due bicchieri di whiskey.
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