Novembre 2005
San Juan.
Quattromila metri tra i vulcani della Bolivia e le lagune
colorate.
Quattromila metri di altopiani battuti dal sole. Cactus e
Llareta, l’erba forte e dura non più alta di venti centimetri.
San Juan.
Quaranta famiglie. Quaranta case di mattoni di fango seccati
al sole e tetti di paglia.
San Juan.
Un campetto di cemento e una chiesa, una
scuola, un maestro e una cuciniera per i bimbi.
San Juan.
Solo il vento fischia indisturbato portando la
voce di chi non ha altro che i lama per la lana, le pecore per il latte e la
propria forza per la terra.
Scendiamo dalla jeep e subito spuntano cappelli, guanti e
giacche di gorotex.
Fa freddo. Camminiamo. Qualcuno fuma, altri guardano intorno
il paesaggio maestoso e deserto.
Una donna ci viene incontro. Una bambina cresciuta troppo in
fretta. Venti anni e un fagotto sulle spalle. Ma il rantolare di quel fagotto è
innaturale e subito lo percepiamo come un presagio negativo.
- Diarrea, dice la giovane mamma
- E il medico che fa?
- Passa qui due volte a settimana. Non ha la cura. Aspettiamo.
Passerà da sola.
Torniamo al mezzo e tiriamo fuori il bimixin.
Ho già visto nella mia fantasia questa scena. Avevo a fianco
il giovane Pablo. Ora è diverso. Abbiamo solo il foglietto illustrativo: non
somministrare al di sotto dei due anni.
- Quanto tempo tienes la cica?
- Otto meses.
Rantola la piccola dentro il fagotto.
- Oddio e ora che si fa?
- Tieni, prendi la confezione ma vai dal medico.
- Sì, annuisce la mamma-bambina. Poi aggiunge, metà pastiglia?
- No, no è meglio che vai dal medico…lui saprà cosa fare.
Annuisce ancora e finalmente sorride. I suoi denti bianchi
risaltano sul viso tondo color rame illuminato dal sole.
- Passerà?, chiede.
Cosa si risponde ad una madre disperata?
- Sì … - una bugia a volte è meglio di un non so … Sì, passerà.
Il vento per un momento si è placato, giusto il tempo di
sentire il suo gracias nitido e meno preoccupato.
Ripartiamo. San Juan si perde tra la polvere delle ruote.
Non sappiamo nemmeno i loro nomi ma quel lamento si incolla
ai nostri pensieri, al nostro andare sicuro, silenzioso e adesso un po’ più
triste.
Soffia forte vento.
Soffia più forte ti prego!
Porta via questi pensieri neri come la notte.
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