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lunedì 4 marzo 2013

San Juan - Ande boliviane



Novembre 2005

San Juan.
Quattromila metri tra i vulcani della Bolivia e le lagune colorate.
Quattromila metri di altopiani battuti dal sole. Cactus e Llareta, l’erba forte e dura non più alta di venti centimetri.
San Juan.
Quaranta famiglie. Quaranta case di mattoni di fango seccati al sole e tetti di paglia. 
San Juan. 
Un campetto di cemento e una chiesa, una scuola, un maestro e una cuciniera per i bimbi.
San Juan. 
Solo il vento fischia indisturbato portando la voce di chi non ha altro che i lama per la lana, le pecore per il latte e la propria forza per la terra.

Scendiamo dalla jeep e subito spuntano cappelli, guanti e giacche di gorotex.
Fa freddo. Camminiamo. Qualcuno fuma, altri guardano intorno il paesaggio maestoso e deserto.
Una donna ci viene incontro. Una bambina cresciuta troppo in fretta. Venti anni e un fagotto sulle spalle. Ma il rantolare di quel fagotto è innaturale e subito lo percepiamo come un presagio negativo.
- Diarrea, dice la giovane mamma
- E il medico che fa?
- Passa qui due volte a settimana. Non ha la cura. Aspettiamo. Passerà da sola.
Torniamo al mezzo e tiriamo fuori il bimixin.
Ho già visto nella mia fantasia questa scena. Avevo a fianco il giovane Pablo. Ora è diverso. Abbiamo solo il foglietto illustrativo: non somministrare al di sotto dei due anni.
- Quanto tempo tienes la cica?
- Otto meses.
Rantola la piccola dentro il fagotto.
- Oddio e ora che si fa?
- Tieni, prendi la confezione ma vai dal medico.
- Sì, annuisce la mamma-bambina. Poi aggiunge, metà pastiglia?
- No, no è meglio che vai dal medico…lui saprà cosa fare.
Annuisce ancora e finalmente sorride. I suoi denti bianchi risaltano sul viso tondo color rame illuminato dal sole.
- Passerà?, chiede.
Cosa si risponde ad una madre disperata?
- Sì … - una bugia a volte è meglio di un non so … Sì, passerà.
Il vento per un momento si è placato, giusto il tempo di sentire il suo gracias nitido e meno preoccupato.
Ripartiamo. San Juan si perde tra la polvere delle ruote.
Non sappiamo nemmeno i loro nomi ma quel lamento si incolla ai nostri pensieri, al nostro andare sicuro, silenzioso e adesso un po’ più triste.
Soffia forte vento.
Soffia più forte ti prego!
Porta via questi pensieri neri come la notte.         



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