Di nuovo qui.... a raccontare l'ennesima delusione per una proposta
arrivata da una casa editrice. Solita trafila. Soliti complimenti. Cose già
viste e sentite. Quando si accorgono che parli di Sudamerica l'accostamento
alla Allende è automatico....(chissà perché poi a lei, visto che il panorama
degli scrittori latinoamericani è vastissimo...) Comunque riporto fedelmente la
mail: Intanto complimenti per il tuo lavoro letterario, l'ho trovato di
spessore, ben scritto e molto interessante anche per i suoi contenuti, una
saga, certamente più approfondita e descrittiva, che richiama un po' "La
casa degli spiriti” della Allende. Dimostri un'ottima conoscenza dei fatti
e dei luoghi, dell'importanza del senso religioso degli abitanti del luogo,
devoti alla santeria di memoria africana, dell'organizzazione sociale
latifondista e dei primi moti rivoluzionari contro la borghesia dominante.
Indubbiamente un lavoro accattivante e che ha possibilità di successo.
Poi, come sempre, arriva il conto. Salato.
C'è l'ostacolo
della mole, è un libro che svilupperebbe quasi 500 pagine e che esige una buona
realizzazione grafica, una confezione rispettabile.
Tutto ciò, come certamente saprai, ha ingenti costi.
Se vorrai, potremo parlarne di persona. Comunque la soluzione di massima,
per permettere a entrambi di non spendere troppo, è ipotizzare un acquisto
preventivo di copie vendibili poi privatamente, meccanismo che permette il
ritorno dell'investimento iniziale.
Il volume potrebbe essere venduto a 20,00 euro, e un acquisto preventivo
di 150 copie ci permetterebbe di starci dentro con la produzione di 1000 copie
in tipografia, circa 3000 euro di investimento.
La novità, in questa storiella che racconto, è che questa volta, a differenza delle altre, ho chiamato l'editore (lo
chiamo così perché ha detto di non avere macchine per stampare.
Quindi non può essere chiamato tipografo...parole sue).
Dopo un tentativo patetico di giustificare il suo difficile mestiere e
dunque la necessità di chiedere denaro, ha asserito che al giorno d'oggi non
esistono persone che di mestiere fanno gli scrittori.
Dopo un momento di sincero stupore, ho replicato: "Come fai a dire che non esistono scrittori di mestiere? Io
sono uno che di mestiere fa lo scrittore e non capisco
perché devo pagare il mio lavoro".
"Sei ingenuo se pensi di non dover spendere soldi per pubblicare e
non vedo cosa c'è di male, visto che lo fanno tutti. Editori e scrittori".
"Ma che dici? Non è vero".
"Come non è vero? Non conosci il mondo dell'editoria. Sei
inesperto".
Il tono del suo parlare è diventato sempre più acido, raggiungendo punte vicine a un'isteria, sfociata infine in suoni simili a gridolini che denunciavano una evidente difficoltà ad affermare la propria ragione: "Tutti le case editrici chiedono
un contributo - ha continuato - e il tuo è un hobby costoso".
"Un hobby.... ma di cosa parli... io faccio questo di mestiere e non
ho altro per campare".
Alla fine, mentre lo incalzavo su questa cattiva pratica, italica e non
solo, ha pensato di attaccarmi il telefono in faccia affermando che "... con te sto perdendo tempo..."
Ora la cosa che più
mi amareggia non è stato il colloquio e nemmeno l'ennesimo tentativo di
estorsione (perché non riesco a definirla diversamente) quanto l'idea che
avevo di questa casa editrice. Gente con una storia alle spalle, una nota
libreria in centro, generazioni di editori. Di quelli che non sbagliano un
colpo. Un nome da difendere e mostrare con orgoglio. E quando mi
è capitato di conoscere un paio di scrittori di Ostia (dove vivo) che
facevano parte della scuderia, questi avevano assunto, ai miei occhi ingenui
(in questo ha ragione lo stampatore/editore), l'aura di vincenti, affermati. Un
credito letterario senza fine per chi aveva toccato la cima, il punto più alto
della salita, per noi scrittori senza fama. Perché questo è il nostro
obiettivo da sempre: pubblicare senza spese. E ora scopro che
bastavano 3000 euro. E allora quegli uomini divenuti dèi? Era tutto
inganno! Anche loro, un bluff! Loro che si sono riempiti la bocca di
professionalità, con 3000 euro si sono comprati l'olimpo. Così è bastata una
semplice telefonata e l'Olimpo si è trasformato in un Golgota. Un semplice
colloquio, persino comico, e una croce si è allungata su quelle figure di
scrittori da 30 denari (che con l'inflazione e il caro son diventati 3000 euro). Ora mi rimane solo un dubbio: pubblicare il nome della casa editrice o
lasciare che tutto rimanga avvolto nel feltro morbido dell'inganno? Lasciare
i signori da 3000 euro immersi nei loro sogni o avvisarli che chiunque,
con 30 denari, può avere le chiavi dell'olimpo. E soprattutto, brillano di luce
propria o sono oscurati dall'ombra di una croce ? Questi sono dubbi. E questa è l'editoria a pagamento,
bellezza!
Indubbiamente questo non può essere definito un editore,un editore è (anche) un imprenditore e come tale si assume dei rischi d'impresa. Se sono editore e voglio pubblicare uno scrittore,valuto i costi e ipotizzo se non di guadagnarci quantomeno di rientrare con le spese. Se questo non sussiste non sono un editore,non sono uno che scommette su un talento ma solo uno che pretende di guadagnare dei soldi senza muovere un dito,senza alcun tipo di passione per quello che fa. E per quanto una casa editrice sia pur sempre un'azienda,non può non essere mossa prima di tutto dalla passione.
RispondiEliminaSarei curiosa di conoscere il nome dell'editore. Sto cercando disperatamente di lavorare come editor,almeno escludo a priori di mandare il curriculum a questi qui.