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giovedì 12 luglio 2018

Il manifesto portava la data del 12 luglio 1957


Il manifesto della Sierra Maestra portava la data del 12 luglio 1957 e fu pubblicato dai giornali di quell'epoca. Per noi non era che una piccola sosta lungo la strada, bisognava proseguire nell'impresa fondamentale che era quella di sconfiggere l'esercito oppressore sul campo di battaglia. Avemmo poco tempo in quei giorni per conversare, ma Fidel mi raccontò dei suoi sforzi per far sì che il documento fosse realmente combattivo e gettasse le basi di una dichiarazione di princìpi. Un tentativo difficile contro quelle due mentalità di cavernicoli insensibili all'appello della lotta popolare.
Il manifesto insisteva fondamentalmente sulla parola d'ordine «di un grande fronte civico rivoluzionario che comprendesse tutti i partiti politici della opposizione, tutte le istituzioni civiche e tutte le forze rivoluzionarie».
Si facevano una serie di proposte:
la «formazione di un fronte civico rivoluzionario in un fronte comune di lotta»;
la designazione di «una personalità chiamata a presiedere il governo provvisorio»;
la dichiarazione aperta che il fronte non chiedeva né accettava l'intervento di un'altra nazione negli affari interni di Cuba che «non avrebbe accettato che la repubblica fosse governata provvisoriamente da una qualche giunta militare»;
la decisione di estro mettere totalmente l' esercito dalla politica e di garantire alle istituzioni armate la loro intangibilità;
dichiarare che si sarebbero tenute elezioni entro un anno.
Il programma in base al quale doveva reggersi il governo provvisorio annunciava libertà per tutti i prigionieri politici, civili e militari;
garanzia assoluta di libertà di informazione per la stampa e per la radio e tutti i diritti individuali e politici garantiti dalla Costituzione;
designazione di sindaci provvisori in tutti i municipi, previa consultazione con le istituzioni civiche del luogo; repressione del peculato in tutte le sue forme e adozione di misure che tendessero a incrementare l'efficienza di tutti gli organismi dello Stato;
regolamento della carriera amministrativa;
democratizzazione della politica sindacale, promuovendo elezioni libere in tutti i sindacati e in tutte le federazioni delle industrie;
inizio immediato di una intensa campagna contro l'analfabetismo e di educazione civica per esaltare i doveri e i diritti del cittadino nei confronti della società e della patria;
«gettare le basi di una riforma agraria che tenda alla distribuzione delle terre non coltivate e a convertire in proprietari tutti i coloni affittuari e compartecipanti, siano le terre proprietà dello Stato o di privati, previo indennizzo ai proprietari precedenti».
Adozione di una sana politica finanziaria «che miri alla stabilità della nostra moneta e che tenda a investire il credito della nazione in opere produttive; accelerazione del processo di industrializzazione e creazione di nuovi posti di lavoro».
A ciò si aggiungevano due punti sui quali ci si basava in maniera particolare:
«Primo: la necessità di designare sin da ora la persona chiamata a presiedere il governo provvisorio
della repubblica, per dimostrare al mondo che il popolo cubano è capace di unirsi dietro la parola d'ordine della libertà e di appoggiare la persona che possa incarnare e rappresentare questa parola d'ordine, persona che deve unire capacità e dignità a doti di imparzialità e di integrità. Ci sono a Cuba parecchi uomini capaci di presiedere la repubblica».
«Secondo: che la persona sia designata dal complesso delle istituzioni civiche perché, essendo queste organizzazioni apo- litiche, il loro appoggio libererebbe il presidente provvisorio da ogni impegno di partito, dando luogo a un comportamento assolutamente limpido e imparziale».
Si dichiarava inoltre: «Non è necessario venire sulla Sierra a discutere, possiamo noi stessi essere rappresentati a L'Avana, in Messico, o dove sia necessario».
Fidel aveva tentato di fare in modo che alcune dichiarazioni sulla riforma agraria fossero più esplicite. Ma fu difficile rompere il fronte monolitico di altri gruppi.
«Gettare le basi per una riforma agraria che tenda alla distribuzione delle terre incolte»: ciò, precisamente, era la politica che poteva permettere il Diario de la Marina. Veniva stabilito, persino, «previo indennizzo dei proprietari precedenti».
Alcune di quelle decisioni non sono state poi rispettate dalla rivoluzione nella forma originariamente redatta. Bisognerà tener presente che il nemico ruppe il tacito patto espressosi nel manifesto, non riconoscendo l'autorità della Sierra e tentando di creare difficoltà al futuro governo rivoluzionario, ancor prima che esso venisse formato.
Noi non eravamo soddisfatti del compromesso, ma esso era necessario; in quel momento era un progresso. Non sarebbe durato oltre il momento in cui potesse significare un arresto dello sviluppo della situazione, ma eravamo disposti a rispettarlo. Il nemico, col suo tradimento, ci aiutò a rompere quegli incomodi legami e a dimostrare al popolo le sue vere intenzioni.
Sapevamo che si trattava di un programma minimo, un programma che limitava il nostro sforzo, ma sapevamo anche che non era possibile stabilire la nostra volontà dalla Sierra Maestra e che dovevamo contare per un lungo periodo su tutta una serie di "amici" che tentavano di utilizzare la nostra forza militare e la grande fiducia che il popolo aveva già in Fidel Castro, per le loro macabre manovre e, soprattutto, per mantenere il dominio dell'imperialismo a Cuba attraverso la sua borghesia importatrice, legata strettamente ai padroni nordamericani.
Il manifesto aveva delle parti positive; si parlava della Sierra Maestra e si diceva esplicitamente: «Nessuno si lasci ingannare sulla propaganda governativa circa la situazione della Sierra. La Sierra Maestra è ormai un baluardo indistruttibile della libertà che è fiorita nel cuore dei nostri compatrioti, e qui noi sapremo onorare la fede e la fiducia del nostro popolo». (Diario del Che)

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