Il manifesto della Sierra Maestra portava la data del 12 luglio 1957 e fu pubblicato dai
giornali di quell'epoca. Per noi non era che una piccola sosta lungo la strada,
bisognava proseguire nell'impresa fondamentale che era quella di sconfiggere
l'esercito oppressore sul campo di battaglia. Avemmo poco tempo in quei giorni
per conversare, ma Fidel mi raccontò dei suoi sforzi per far sì che il
documento fosse realmente combattivo e gettasse le basi di una dichiarazione di
princìpi. Un tentativo difficile contro quelle due mentalità di cavernicoli
insensibili all'appello della lotta popolare.
Il manifesto insisteva fondamentalmente sulla parola d'ordine «di un grande
fronte civico rivoluzionario che comprendesse tutti i partiti politici della
opposizione, tutte le istituzioni civiche e tutte le forze rivoluzionarie».
Si facevano una serie di proposte:
la «formazione di un fronte civico rivoluzionario in un fronte comune di
lotta»;
la designazione di «una personalità chiamata a presiedere il governo
provvisorio»;
la dichiarazione aperta che il fronte non chiedeva né accettava
l'intervento di un'altra nazione negli affari interni di Cuba che «non avrebbe
accettato che la repubblica fosse governata provvisoriamente da una qualche
giunta militare»;
la decisione di estro mettere totalmente l' esercito dalla politica e di
garantire alle istituzioni armate la loro intangibilità;
dichiarare che si sarebbero tenute elezioni entro un anno.
Il programma in base al quale doveva reggersi il governo provvisorio
annunciava libertà per tutti i prigionieri politici, civili e militari;
garanzia assoluta di libertà di informazione per la stampa e per la radio e
tutti i diritti individuali e politici garantiti dalla Costituzione;
designazione di sindaci provvisori in tutti i municipi, previa
consultazione con le istituzioni civiche del luogo; repressione del peculato in
tutte le sue forme e adozione di misure che tendessero a incrementare
l'efficienza di tutti gli organismi dello Stato;
regolamento della carriera amministrativa;
democratizzazione della politica sindacale, promuovendo elezioni libere in
tutti i sindacati e in tutte le federazioni delle industrie;
inizio immediato di una intensa campagna contro l'analfabetismo e di
educazione civica per esaltare i doveri e i diritti del cittadino nei confronti
della società e della patria;
«gettare le basi di una riforma agraria che tenda alla distribuzione delle
terre non coltivate e a convertire in proprietari tutti i coloni affittuari e
compartecipanti, siano le terre proprietà dello Stato o di privati, previo
indennizzo ai proprietari precedenti».
Adozione di una sana politica finanziaria «che miri alla stabilità della nostra
moneta e che tenda a investire il credito della nazione in opere produttive;
accelerazione del processo di industrializzazione e creazione di nuovi posti di
lavoro».
A ciò si aggiungevano due punti sui quali ci si basava in maniera
particolare:
«Primo: la necessità di
designare sin da ora la persona chiamata a presiedere il governo provvisorio
della repubblica, per dimostrare al mondo che il popolo cubano è capace di unirsi dietro la parola d'ordine della libertà e di appoggiare la persona che possa incarnare e rappresentare questa parola d'ordine, persona che deve unire capacità e dignità a doti di imparzialità e di integrità. Ci sono a Cuba parecchi uomini capaci di presiedere la repubblica».
della repubblica, per dimostrare al mondo che il popolo cubano è capace di unirsi dietro la parola d'ordine della libertà e di appoggiare la persona che possa incarnare e rappresentare questa parola d'ordine, persona che deve unire capacità e dignità a doti di imparzialità e di integrità. Ci sono a Cuba parecchi uomini capaci di presiedere la repubblica».
«Secondo: che la persona sia
designata dal complesso delle istituzioni civiche perché, essendo queste
organizzazioni apo- litiche, il loro appoggio libererebbe il presidente
provvisorio da ogni impegno di partito, dando luogo a un comportamento
assolutamente limpido e imparziale».
Si dichiarava inoltre: «Non è necessario
venire sulla Sierra a discutere, possiamo noi stessi essere rappresentati a
L'Avana, in Messico, o dove sia necessario».
Fidel aveva tentato di fare in modo che alcune dichiarazioni sulla riforma
agraria fossero più esplicite. Ma fu difficile rompere il fronte monolitico di
altri gruppi.
«Gettare le basi per una riforma agraria che tenda alla distribuzione delle
terre incolte»: ciò, precisamente, era la politica che poteva permettere il Diario
de la Marina. Veniva stabilito, persino, «previo indennizzo dei proprietari
precedenti».
Alcune di quelle decisioni non sono state poi rispettate dalla rivoluzione
nella forma originariamente redatta. Bisognerà tener presente che il nemico
ruppe il tacito patto espressosi nel manifesto, non riconoscendo l'autorità
della Sierra e tentando di creare difficoltà al futuro governo rivoluzionario, ancor
prima che esso venisse formato.
Noi non eravamo soddisfatti del compromesso, ma esso era necessario; in
quel momento era un progresso. Non sarebbe durato oltre il momento in cui
potesse significare un arresto dello sviluppo della situazione, ma eravamo
disposti a rispettarlo. Il nemico, col suo tradimento, ci aiutò a rompere
quegli incomodi legami e a dimostrare al popolo le sue vere intenzioni.
Sapevamo che si trattava di un programma minimo, un programma che limitava
il nostro sforzo, ma sapevamo anche che non era possibile stabilire la nostra
volontà dalla Sierra Maestra e che dovevamo contare per un lungo periodo su
tutta una serie di "amici" che tentavano di utilizzare la nostra
forza militare e la grande fiducia che il popolo aveva già in Fidel Castro, per
le loro macabre manovre e, soprattutto, per mantenere il dominio
dell'imperialismo a Cuba attraverso la sua borghesia importatrice, legata
strettamente ai padroni nordamericani.
Il manifesto aveva delle parti positive; si parlava della Sierra Maestra e
si diceva esplicitamente: «Nessuno si lasci ingannare sulla propaganda
governativa circa la situazione della Sierra. La Sierra Maestra è ormai un baluardo indistruttibile della
libertà che è fiorita nel cuore dei
nostri compatrioti, e qui noi sapremo onorare la fede e la fiducia del nostro
popolo». (Diario del Che)
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