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venerdì 28 dicembre 2018

28 dicembre 1958 - Santa Clara


Il 28 dicembre sarà il giorno decisivo per la battaglia di Santa Clara. Quella notte il Che non dorme: con una scorta percorre la strada ferrata cercando di trovare il punto debole del treno blindato e sceglie il luogo in cui togliere le rotaie. Dice ad Aleida di procurare un caterpillar e lei, non sapendo cosa sia, annota «catres, palas, pilas» (brandine, pale, batterie), per la qual cosa verrà poi abbondantemente presa in giro. Poco prima dell'alba, utilizzando un caterpillar giallo D-6 dell'istituto di agraria dell'Università di Santa Clara, i ribelli rimuovono un tratto di rotaie a circa quattro chilometri dal punto in cui si trova il treno: in quel modo gli impediscono di retrocedere verso le installazioni della caserma Leoncio Vidal. Il capitano Acevedo ricorda: il Che «a volte faceva delle cose, oppure ordinava di fare qualcosa, di cui non capivamo immediatamente il senso, ma che erano il frutto del suo grande intuito militare». Una volta isolati il treno e la Loma del Capiro, dove hanno preso posizione diversi soldati, il Che ordina di proseguire l'avanzata verso il centro della città. Il plotone suicida viene mandato ad attaccare la stazione di polizia, quello di Acevedo a combattere nella zona del tribunale e del carcere, e il piccolo plotone di Alberto Pernandez verso il Gran Hotel. Al plotone del capitano Zayas viene ordinato di combattere contro i soldati che si trovano sulla Loma del Capiro, e al capitano Alvarez di fare da rinforzo ai combattenti del Direttorio che affrontano le forze dello squadrone 31 e la caserma Los Caballitos. Il plotone della riserva, al comando del tenente Rivalta, riceve l'ordine di entrare nel quartiere del Condado e di attaccare l'edificio Raul Sànchez e l'edificio Marti, e di esercitare un'azione di contenimento delle forze della Leoncio Vidal. Isolare la forza centrale, attaccare le concentrazioni più deboli: è lo schema guevariano dell'ultimo mese. Le truppe del Che entrano a Santa Clara. Se il plotone di Rivalta sa dove va, perché il suo tenente è nato in quel quartiere, lo stesso non si può dire per le forze di Acevedo, che avanzano lungo il marciapiede opposto; e neppure per il plotone suicida, che si trova del tutto disorientato a Santa Clara. Lo stesso Che ha dovuto ricorrere ai leader della struttura clandestina per farsi guidare nella città senza luce, in particolare all'inestimabile aiuto di Aleida March. Così, un esercito di straccioni barbuti che sembrano fantasmi attraversa la città nelle ore notturne. Santa Clara è adesso divisa in due. All'alba del 29 l'infiltrazione aveva già dato risultati, i ribelli erano sparsi per tutta la città. Anni dopo, forse ricordando quella notte, il Che dirà: Il combattente guerrigliero è un combattente notturno, e con questo voglio dire anche che possiede tutte le qualità dell'animale notturno ...
Ripresosi dalla sorpresa iniziale, l'esercito batistiano riesce a mobilitare le sue truppe, a dispiegarle e ad affrontare con un contrattacco i guerriglieri, che supera in proporzione schiacciante per numero e potenza di fuoco. O ci riuscirà, oppure il fronte invisibile del Che, l'inesistente prima linea che ha creato con l'infiltrazione, andrà consolidando le proprie posizioni, isolando le ridotte, immobilizzando i soldati e conquistando l'appoggio della popolazione. Un paio d'anni dopo il Che scriverà nella Guerra di guerriglia una frase che farà impazzire i teorici militari, una frase piena di umorismo: Non esistono prime linee determinate. La prima linea è una cosa più o meno teorica. Quei giorni di dicembre nessun cartografo avrebbe potuto tracciare la linea divisoria che separava soldati e ribelli: la linea non esisteva. Compenetrati, mescolati al paesaggio urbano, i ribelli avevano spezzato il cordone difensivo del colonnello Castillas e gli si erano infilati in casa. All'alba le truppe del Direttorio che attaccavano la caserma Los Caballitos iniziano un nuovo avvicinamento. Rolando Cubela viene ferito da una raffica di mitragliatrice. Gustavo Machin Hoed prende il comando dell'offensiva. Nel frattempo la città è di nuovo alla mercé delle bombe. Due B-26 bombardano e mitragliano. Il giornalista [osé Lorenzo Fuentes testimonia: «Gli abitanti delle zone in cui si combatteva abbandonavano le case spaventati. Vecchi, donne e bambini vagabondavano per la città con i loro fagotti sotto braccio, in cerca di un rifugio sicuro per salvarsi la vita. La fame, la sofferenza e il terrore segnavano i loro volti. La mitraglia degli aerei si riversava sui tetti, e diversi civili restavano feriti o uccisi. Molti cadaveri dovevano trovare sepoltura nei cortili delle case, senza neppure una bara. Un bambino di dodici anni fu colpito dalla mitraglia in pieno petto e i genitori non riuscirono nemmeno ad avvicinarsi a lui».
(tratto da Senza perdere la tenerezza di PIT II)


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